I° tappa: Collegiata di San Secondo (Piazza San Secondo)Collegiata di San Secondo: rosone della facciata
Databile al 1500 ca., il rosone mostra un’iconografia rinascimentale con una decorazione che richiama i migliori esempi padani. I mascheroni che generano fogliami a lira appaiono stilisticamente vicini al fregio del portale di Palazzo Mazzola.
Collegiata di San Secondo: Adorazione dei Magi , Annunciazione, San Giorgio, San Pietro, San Paolo, San Michele, San Raffaele e i donatori Cacherano, ante 1516
Sulla terza parete della navata sinistra è appeso il polittico di Gandolfino. L’identificazione dei due committenti inginocchiati, il preposito della collegiata Giovanni Battista Cacherano ed il fratello protonotario apostolico e la data d’esecuzione, il secondo decennio del Cinquecento, si devono al restauro del 1973 che mise in luce l’iscrizione sulla parte alta della cornice. Il polittico è importante poiché evidenzia come il pittore conosca la contemporanea pittura cremonese e fiamminga.
II° tappa: Il palazzo Malabaila “hôtel” del re di Francia (via Malabaila)Nell’ambito del rinnovamento edilizio tra Quattro e Cinquecento il palazzo Malabaila è tra gli esiti più alti . A forma di quadrilatero irregolare poichè fu adattato a resti medievali preesistenti, si articola attorno ad un cortile dotato di una manica porticata. Il disegno del palazzo è di stampo bramantesco e presenta richiami allo stile francese nelle finestre crociate decorate a stucco e sormontate da un timpano a conchiglia . Interessante l’atrio con decorazioni a candelabre sul quale erano inserite fino all’Ottocento le insegne della casa reale francese: presso il palazzo in effetti sostò il re di Francia Luigi XII, ospitato dal suo vassallo Alessandro Malabaila tra il 1503 e il 1507.
III° tappa: Santuario della Madonna del Portone (Viale al Santuario)Madonna con Bambino in trono tra San Marco e San Secondo, 1499-1501
L’affresco , restaurato nel 1993, decorava in origine la porta cittadina dedicata a S. Marco, figura che appare al fianco destro della Vergine. Nei secoli successivi il dipinto subì numerosi restauri, ma nonostante le ridipinture l’opera è accostabile alla pala della chiesa di Santa Maria Nuova per l’analoga impostazione della Madonna.
IV° tappa: Palazzo Mazzola (via Massaia)L’edificio medievale di via Massaia fu ristrutturato in forme rinascimentali su iniziativa del giureconsulto Francesco Mazzola, il cui stemma ricorre nei manufatti lapidei del palazzo. La facciata presentava il portale poi ricollocato nell’atrio ed è tuttora ornata da una finestra crociata e da un’altra centinata e architravata.
V tappa: Cattedrale (P.za Cattedrale)
Sposalizio della Vergine, post 1493.
Navata sinistra, cappella di San Giuseppe o dello Sposalizio della Vergine
Eseguito su committenza della famiglia Cacherano, il dipinto fu collocato all’ inizio dell’Ottocento sull’altare proveniente dalla chiesa soppressa di S. Giuseppe (quest’operazione causò la perdita della cornice originale). Il dipinto è tra quelli più antichi dell’artista, che pur non rinunciando ancora al gusto decorativo della pastiglia dorata, ambienta la scena in uno spazio architettonico che trova riscontro nell’ambiente di influsso bramantesco. Oltre ai raffinati apparati decorativi che vedono, tra l’altro, i tessuti preziosi e la bella lumiera che pende dal soffitto, altra particolarità è la personale trattazione iconografica che attesta l’attenzione dell’artista e dei committenti ai temi della devozione mariana: al matrimonio della Vergine partecipano i genitori Gioacchino e Anna.
Cappella di San Giuseppe o dello Sposalizio della Vergine
Si tratta della terza cappella della navata settentrionale del duomo, la quale dal 1516 fu di patronato dei conti Cacherano di Villafranca, i cui discendenti ne promossero la ricostruzione a metà del Seicento. Intorno al 1728 la cappella divenne proprietà della famiglia Alfieri Curbis (qui fu sepolta la madre di Vittorio Alfieri). L’altare marmoreo con coppie di colonne tortili proviene dalla chiesa conventuale di San Giuseppe soppressa in età napoleonica, mentre sono ottocentesche le pitture con angeli e simboli della Passione e le decorazioni del sottarco e del prospetto. Santa Parentela, San Dalmazzo, San Secondo, San Biagio e San Gerolamo e Pietà, 1501.
Transetto destro, cappella dei Santi Gerolamo, Biagio e Filippo Neri
Il polittico è oggi inserito nell’altare barocco della cappella che, fino alla metà del Quattrocento, fu di patronato della nobile famiglia Pelletta. L’opera é composta dalla tavola centrale con la Genealogia della Vergine e della Santa Parentela, secondo un testo apocrifo trascritto sul dipinto stesso. Le tavole laterali rappresentano San Biagio e San Gerolamo, San Secondo e San Dalmazzo nella parte alta sormontata dalla lunetta con la Pietà. Il tema della Sacra Parentela, popolare tra il XV e il XVI secolo e legato soprattutto alla tradizione tedesca (il soggetto del triplice matrimonio di S. Anna sarà condannato dal Concilio di Trento) è presente in altre opere di Gandolfino (Casale Monferrato, Chiesa di Sant’Antonio; Grignasco, Chiesa di Santa Maria Assunta e Duomo di Torino, sacrestia). I dipinti mostrano legami con la cultura pittorica della Lombardia, in particolare la conoscenza dell’opera di Ambrogio Borgognone, ma anche l’intervento di collaboratori dell’artista.
Cappella dei SS. Biagio, Gerolamo e Filippo Neri
Fu fondata nel XV secolo dalla nobile famiglia Pelletta. L’aspetto attuale risale all’ultimo decennio del Seicento, quando il Capitolo, su permesso degli antichi patroni, aggiunse la dedicazione a San Filippo Neri. Il polittico di Gandolfino fu allora smembrato e ricollocato sulla grandiosa macchina d’altare di legno dorato e dipinto, mentre la volta e le pareti accolsero gli affreschi di Salvatore Bianchi con l’Apoteosi di San Filippo Neri e fatti della sua vita. Nell’urna dell’altare si conserva il corpo del Beato Enrico di Comentina traslato nel 1801 dalla chiesa conventuale di S. Francesco. Il baldacchino che sormonta l’altare è dono del conte Amico di Castell’Alfero. Risalgono invece ai lavori degli anni 1892-1894, le figure della Fede e della Speranza e dell’Apostolo Tommaso dipinte da Roberto Bonelli. Compianto sul Cristo morto, sec. XVI, primo decennio.
Antisacrestia
La tavola potrebbe essere approdata in Cattedrale a seguito delle soppressioni napoleoniche dei complessi conventuali di Asti, da cui provengono gli altri dipinti esposti alle pareti di questo locale del duomo. La luminosità del paesaggio parte integrante di questa sacra rappresentazione e la posizione diagonale del Cristo si richiamano a modelli della pittura fiamminga, presenti ad Asti nel XV secolo grazie alle attività economiche intrattenute dai banchieri coi Paesi Bassi. Madonna con Bambino in trono, tra San Giovanni Battista, San Giovanni Evangelista, San Pietro, San Paolo ed il committente Oberto Solaro, 1516
Navata sinistra, altare di San Giovanni Battista
Questa tavola, già depositata presso la vicina chiesa di San Giovanni, fu collocata sull’attuale altare marmoreo nel 1809, operazione che comportò la riduzione della cornice e la perdita dell’iscrizione che indicava la data del dipinto ed il nome del committente, l’avvocato e governatore di Govone Oberto Solaro. Quest’ultimo, ritratto inginocchiato ai piedi della Vergine, fu erroneamente indicato come banchiere. In onore al rango del Solaro, nella pala sono raffigurati manufatti tessili di lusso: il damasco dell’abito dell’ angelo musicante, il baldacchino di seta (ispirato ai modelli della pittura veneta) ed il tappeto del trono intessuto d’oro di fattura ispanico-moresca. Particolari raffinati sono i riflessi del vaso di garofani e del calice d’oro dell’ Evangelista.
Cappella di San Giovanni Battista
Già sepolcro della famiglia Laiolo dopo la metà del Trecento e intitolata a S. Stefano, la cappella fu riedificata tra il 1620 e il 1624 per il patrocinio dei conti Asinari di Casasco. L’aspetto attuale si deve alle modifiche dei due secoli successivi, ma si conserva la decorazione a stucco del sottarco. Gli affreschi sono del tardo Settecento, mentre l’altare marmoreo proviene dalla cappella del Crocifisso della soppressa chiesa conventuale di San Giuseppe e sostituì quello originale nel 1809. Fonte battesimale, 1470-1480
Il fonte marmoreo con vasca ottagonale proviene dalla vicina chiesa di San Giovanni e presenta lo stemma del committente, l’arcidiacono Giacomo De Gentis. La vasca poggia su una fascia in cui volti umani e foglie si alternano allo stemma con il ramo con le tre ghiande, mentre i tre gradini circolari mostrano in più parti il reimpiego di marmi antichi: si veda l’iscrizione parzialmente leggibile sul primo dei gradoni riferibile alla lapide romana della tribù Pollia. L’arcidiacono De Gentis, tra gli esponenti più rilevanti del clero astese, promosse i lavori di ripristino degli edifici sacri del Capitolo di Asti. Acquasantiere con stemma gentilizio della famiglia Mazzola, 1520
Le due belle acquasantiere furono commissionate nel 1520 dall’esponente della famiglia Mazzola, preposito di Alba e canonico del Duomo di Asti, qualifiche riportate in uno degli esemplari assieme alla data di esecuzione. Le opere presentano richiami ai modi degli scultori fiorentini attivi nel Duomo di Torino. Compianto sul Cristo morto, 1500-1502
Il gruppo scultoreo proviene dalla cappella dell’Ascensione o della Madonnina, di patronato della potente famiglia Malabaila che, parallelamente ai lavori promossi nella cappella di famiglia, promosse la costruzione del palazzo di Via Mazzini. I lavori in Duomo, finanziati verosimilmente da Alessandro Malabaila strettamente legato alla corte francese di Luigi XII, sono testimoniati da una lapide all’esterno della cappella. Il Compianto in terracotta policroma si ispira a sculture di area lombarda (le Deposizioni conservate nelle chiese del Carmine di Brescia e di S. Satiro a Milano), con ampio ricorso a parti calcate dal vero. Una mano e le gambe del Cristo vennero ricavate da calchi dal vero.
VI° tappa: Palazzo Verasis Asinari (via Natta)Palazzo Verasis Asinari, facciata e cortile porticato
Tra gli importanti brani di edilizia civile del primo Cinquecento spiccano quelli del Palazzo Verasis-Asinari di Via Natta, la cui struttura medievale accoglie le tre finestre crociate della facciata e comprende il cortile con colonne e capitelli lapidei di cui solo uno reca lo scudo della famiglia Asinari-Verasis di Costigliole.
VII° tappa: Palazzo Falletti (via Giobert)Palazzo Falletti
L’aspetto attuale dell’edificio non rispecchia più quello dell’antica casa-forte dei Falletti e modifiche di epoca rinascimentale si devono ai marchesi Incisa di Santo Stefano. Il portale presenta montanti ornati da belle candelabre e cimati da capitelli e sorreggenti l’imbotte scandito da rosoni.
VIII° tappa: Seminario (via Carducci)Natività di Gesù con San Bartolomeo e San Benedetto, sec. XVI, secondo decennio Seminario Vescovile, Refettorio
L’opera proviene dal monastero benedettino di San Bartolomeo d’Azzano come suggerisce, tra l’altro, la presenza del santo titolare dell’abbazia recante lo strumento del suo martirio (il coltello), assieme al fondatore dell’ordine, ritratto con la tunica nera e l’attributo vescovile. L’adorazione è ambientata all’interno di una costruzione con tetto a capriata. Il dipinto è collocabile al secondo decennio del Cinquecento per le analogie di stile con la pala Solaro (1516), tra cui il volto della Vergine, coperto da un’impalpabile velo
IX° tappa: Chiesa Santa Maria Nuova (Piazza Santa Maria Nuova)Madonna con Bambino in trono, Santa Caterina d’Alessandria, Sant’Agostino, Sant’Agata e angeli musicanti e Cristo risorto, 1496-1498
Chiesa di Santa Maria Nuova (Piazza Santa Maria Nuova), abside
La datazione della grande grande pala è desunta dal lascito testamentario del nobile Antonio Curia (17 novembre 1496) per la costruzione di una grande ancona in onore della Madonna. Intorno alla figura della Vergine con il Bambino, assisa sul ricco trono dalle colonne mistilinee, sono rappresentate le figure dei Santi. La lunetta accoglie la raffigurazione della Resurrezione di Cristo. L’opera mostra l’aggiornamento del pittore astigiano che, nella scelta dalla pala a spazio unitario, nel paesaggio e nel naturalismo rivela la conoscenza della cultura figurativa rinascimentale padana (Bernardo Zenale, Ambrogio Borgognone ed Ercole de’ Roberti.
Natività di Gesù, sec. XVI, primo decennio
Chiesa di Santa Maria Nuova (Piazza Santa Maria Nuova), lato destro, cappella di Maria Ausiliatrice
Collocata accanto al fonte battesimale, ma già sull’altare della Madonna (a destra entrando nella chiesa) La Natività è forse parte di un polittico del 1515 ca. L’opera presenta affinità di stile con Defendente Ferrari (notizie dal 1509 al 1535), in particolar modo nell’originale struttura architettonica in scorcio comprendente il tetto a capriata, secondo modelli della pittura nordica a cui guarda il pittore di Chivasso.
X° tappa: San Pietro in Consavia (Piazza Primo Maggio)Il Complesso dei Gerosolimitani di San Pietro in Consavia: l’Aula Valperga e le decorazioni fittili di finestra nel portico
La decorazione di terracotta dell’aula quadrata, costruita prima del 1467 dal conte Giorgio Valperga gran priore di Lombardia, presenta un ricco apparato decorativo in terracotta . I fregi esterni del coronamento e le finestre archiacute comprendono fogliami spiraliformi e tralci abitati, motivi diffusi in ambito tardogotico subalpino, ma con figure che richiamano il repertorio lombardo. Il lato interno dell’oculo , attribuito all’alessandrino Francesco Filiberti, presenta invece un’interessante impaginazione calendariale, con una forte componente di cultura popolare, in cui è presente anche l’aspirazione ad una crociata antiturca (si veda la figura del grifone che artiglia una scimitarra islamica). Nel tondo si osservano inoltre soggetti derivati da una incisione fiorentina degli anni 1460-70. Dalla fornace attiva per il priore Valperga proviene anche la finestra collocata sotto il portico del complesso di San Pietro, ma proveniente da un edificio di via Cavour.
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